Il Cinghiale

DOCUMENTI

IL CINGHIALE DAL PUNTO DI VISTA SCIENTIFICO

IL CINGHIALE DAL PUNTO DI VISTA VENATORIO

PIANO DI MONITORAGGIO FAUNA SELVATICA 2013-2014

PIANO DI MONITORAGGIO FAUNA SELVATICA 2014-2015


TROFEISTICA

Abbiamo sempre avuto la convinzione che un’attività che si rispetti, qualunque essa sia, dovrebbe avere la possibilità e l’opportunità di lasciare una tracciabilità storica ed evidente alle future generazioni desiderose di informarsi e capire come si svolgeva tale azione nei tempi passati, più o meno recenti.

Anche per l’attività venatoria questo concetto ha una propria valenza dove assume una particolare importanza anche la cultura del “trofeo”.

La trofeistica, parte integrante dell’attività venatoria, è una scienza con proprie regole e proprie caratteristiche che ogni cacciatore dovrebbe conoscere per imparare a valutare, leggere e costruire trofei di qualità e bellezza.

La trofeistica ed i trofei in genere hanno avuto in ogni epoca significati importanti e grande valore, tant’è che a tutt’oggi, quando ci si pone dinanzi ad un trofeo le sensazioni e le emozioni che si provano sono variegate e corrono dall’incredulità, all’ammirazione, dal timore, all’attrazione e rispetto quasi religioso.

A creare quella scienza che oggi noi chiamiamo trofeistica ci hanno pensato per primi gli ungheresi che hanno cercato di dare misura e catalogazione a quella vaga percezione di bello che ciascuno di noi assapora ammirando un trofeo.

Dopo di lui numerosi congressi internazionali hanno fissato le regole generali che periodicamente vengono approfondite e conservate dal C.I.C. (Conseil International de la Chasse), e che consentono di perfezionare, giorno dopo giorno, la metodologia valutativa.

Tanto che ad oggi la trofeistica è divenuta parte integrante della stessa attività venatoria alla quale si accoda e acquista una vaga valenza tecnico scientifica che aiuta a gestire il prelievo venatorio, divenendo a tutti gli effetti uno strumento didattico che trova la sua massima espressione durante le mostre.

A queste partecipano non solamente appassionati di caccia, che pure restano colpiti da un’arte tanto affascinante che si dimostra anche mezzo per pubblicizzare e rafforzare il rapporto fra cacciatore, territorio e popolazione.

Di un particolare fascino ed importanza per la trofeistica godono sicuramente i cervidi, i bovidi ed i suidi appartenenti al super ordine degli ungulati (ovvero che camminano sulle unghie) con tanto di quattro dita per zampa che solo in minima parte sfiorano il terreno. E’ per via di questa caratteristica che vengono detti artiodattili. 

Rispondono a questa descrizione per i cervidi il cervo (cervus elaphus), il daino (dama dama) il capriolo (capreolus capreolus), e l’alce (alces alces), per i bovidi il camoscio (rupicapra rupicapra), lo stambecco (capra ibex) ed il muflone (ovis musimon) e, per quanto ci riguarda più da vicino, il cinghiale (sus scrofa) appartenente alla famiglia dei suidi.

Una volta e comunque sino ai primi anni ’90, in occasione dell’abbattimento di cinghiali, all’epoca ovviamente non così numerosi come ai giorni nostri, e quindi a maggior ragione per i grossi e rarissimi solenghi era abitudine consolidata caricarli sui portapacchi o sui cofani delle varie vetture adibite al trasporto, talvolta anche con il rischio tangibile di sfondarli ed ammaccarli per portarli in esibizione in giro per tutto il paese e non solo, arrivando persino anche nelle frequentate piazze delle cittadine rivierasche, ricevendo applausi, ammirazione e complimenti da tutti, dal parroco alle forze dell’ordine… altri tempi, altre storie!

Già quell’abitudine socialmente accettata o tollerata era una sorta di esposizione, di mostra campionaria itinerante della nostra attuale trofeistica venatoria, ovviamente più evoluta e sostenibile.

Comunque una chiara volontà di mostrare al pubblico il bottino di caccia e quindi soprattutto i capi di un certo valore come voler dimostrare le doti venatorie e la bontà dell’intervento da parte della Squadra!

Ovviamente essendo in clima di festeggiamenti e non ancora contenti di questo si attuava anche una forma di pubblicità sonora a colpi di clacson e trombe già bandita ai tempi, ma appunto tollerata per le rare incursioni rivierasche.

Poi, con il passare degli anni questa usanza venne via via sempre meno accettata e tanto meno tollerata sino al punto di essere addirittura bandita intorno alla fine del XX° secolo.